La situazione dei Manager “Temporanei”

Mag 2023 | Consulente Aziendale, Lavoro, Temporary Manager

Volevo scrive l’ennesimo articolo sul TM, ancora così poco usato in Italia ma leggendo in giro ho trovato testate più autorevoli di me che ne scrivevano e allora ho pensato di unirle e farvi conoscere per esempio una analisi del “Wall Street Journal” o della situazione in Italia dal “Milano finanza” e altro sul mondo del Management “ Temporaneo”.

Buona lettura.

 

Wall Street Journal

gli ha dedicato ampio spazio, indicandolo fra i nuovi trend del mondo del lavoro. Perché, al di là delle etichette (lo si può definire interim, temporary o fractional), quello dei manager “a tempo” è un modello che risponde a più esigenze contemporaneamente: quelle delle aziende che cercano competenze di livello, da inserire velocemente nei loro team, per progetti specifici e che non possono permettersi una figura a tempo indeterminato, e quelle di professionisti che, arrivati a quello che il WSJ definisce il “terzo terzo” della loro carriera, cercano un modo diverso di mettere a disposizione le proprie competenze.

“Anche se in Italia l’Interim Management è meno sviluppato che nei Paesi anglosassoni, il momento in cui ci troviamo, con le incertezze del contesto globale e i cambiamenti sempre più veloci dei modelli di business, lo rendono uno strumento estremamente interessante”.

“Sono molte le situazioni in cui lo si può utilizzare: progetti da lanciare, necessità di upskilling delle risorse interne, creazione di nuove attività, sostituzioni maternità.

Ma anche fusioni o acquisizioni, surplus di attività e, sempre più spesso, per accompagnare il passaggio generazionale nelle imprese familiari”.

I vantaggi per le aziende? “Avere a disposizione manager con grande esperienza, immediatamente operativi, in grado di portare in azienda competenze avanzate, senza la necessità di un investimento economico consistente come quello che sarebbe richiesto per assumere un dirigente a tempo indeterminato”.

In genere, infatti, l’Interim Management prevede forme contrattuali di consulenza, che possono arrivare anche alla formula del “fractional”, secondo cui il manager non lavora per una determinata azienda a tempo pieno, ma solo in alcune specifiche giornate.

“Negli anni l’Interim è cambiato: ci sono sempre più professionisti che lo scelgono come modalità esclusiva di attività, e per questo anche l’età media del temporary manager si è abbassata.

Quello che è importante capire è che l’Interim non rappresenta soluzione di ripiego. Al contrario: scegliendo questa modalità si portano in azienda competenza e qualità”. “Per l’organizzazione è una soluzione che ha il vantaggio della velocità.

Perché l’inserimento sia efficace è importante che sia definito con chiarezza l’ambito operativo e i risultati attesi, ma i consulenti supportano le aziende anche in questa attività.

Serve poi un cambiamento di mindset nella selezione: spesso questi manager hanno esperienze che potrebbero sembrare addirittura di un livello eccessivamente elevato per il contesto in cui vengono inseriti, ma non deve essere vissuto come un limite, bensì come una grande opportunità per far crescere le aziende”.

Fra i nuovi trend del settore c’è anche quello che riguarda la presenza al femminile: “Da un lato sta aumentando la quota di manager donne che si avvicinano a questa modalità, in proporzione alla crescita della presenza femminile ai più alti livelli aziendali. D’altra parte, l’aumento della presenza delle donne in posizioni di responsabilità rende più frequente la necessità di utilizzare temporary manager per sostituirle durante il periodo di maternità”.

Se le multinazionali sono culturalmente più predisposte a utilizzare questo strumento, sono le PMI a poterne trarre maggiore giovamento:

“Per gli imprenditori avere al fianco professionisti in grado di farsi carico dell’apertura di un nuovo mercato o di un nuovo progetto, facendo allo stesso tempo crescere le persone all’interno, può essere davvero determinante ai fini della crescita dell’impresa.

Per quanto gli imprenditori siano spesso abituati a gestire direttamente tutte le attività aziendali, l’Interim può essere una sorta di ponte che mette in comunicazione la tradizione interna dell’azienda con tutto quello che si muove all’esterno.

Può consentire di avvicinare al massimo le due dimensioni per favorire il cambiamento tecnologico, la trasformazione digitale, ma anche avere una overview più ampia sul mercato e guadagnare in competitività”.

Se l’Interim Management può essere un valore aggiunto per le imprese, scegliere il Manager giusto è determinante.

 

Milano Finanza

 

Molte aziende italiane negli ultimi anni hanno vissuto momenti di difficoltà a causa della mancanza di una classe manageriale adeguata. Un aiuto arriva dal Temporary manager, ovvero professionisti in grado di intervenire solo il tempo necessario per riorganizzare e rilanciare l’azienda e figure sempre più apprezzate dalle Pmi italiane. Gli imprenditori hanno così la possibilità di avere risorse qualificate mantenendo una maggiore flessibilità e contenendo i costi, aspetti a cui sono particolarmente attenti.

Secondo l’indagine promossa da Inima –network internazionale che raggruppa le associazioni di temporary manager in Europa- condotta su 750 professionisti ad Interim, a inizio anno (gennaio 2021) ben il 77% dei manager italiani intervistati risulta occupato con un contratto part-time (41%) o full time (36%). Un dato nettamente superiore alla media europea (55%). Per quanto riguarda l’utilizzo medio nel 2020, ovvero il rapporto tra giorni di attività rispetto al numero totale di giorni lavorativi, l’Italia si posiziona al terzo posto con il 59%, dietro solo alla Germania (73%) e alla Svizzera (65%). Positive le attese per l’anno in corso, con il 70% degli intervistati che prevede per l’anno in corso uno sviluppo del mercato.

“Il dato che emerge nell’indagine promossa da Inima a livello europeo”, ha affermato Jonathan Selby, presidente di Inima e consigliere di Leading Network, è che sempre di più l’utilizzo dei manager va verso un aumento della flessibilità. Ma mentre nel nord Europa questo si concretizza con una riduzione dei tempi degli incarichi, che sono in prevalenza full time, in Italia si registra un progressivo aumento delle missioni di Temporary management part-time, che ormai hanno superato il numero di quelle full-time”.

“L’aumento progressivo dei contratti part-time in Italia, modalità presente da almeno una decina di anni in Italia,  è dovuto al fatto che sempre più Pmi sono interessate ad usare la figura del Temporary manager con l’obiettivo di contenere i costi”, ha commentato Federico Ferrarini, Presidente di Leading Nework. “Dalla ricerca emerge inoltre l’accentuata presenza nel mercato italiano, rispetto a quello europeo, delle missioni relative allo sviluppo del business, spinte probabilmente dagli incentivi statali a riguardo. Gli incentivi, infatti, possono fare da volano all’uso e agli interventi di temporary management che si ritengono più strategiche per lo sviluppo delle aziende”.

Qual è il profilo del Temporary Manager in Italia raffrontandolo con i dati degli altri Paesi? Ha in media 56 anni (in linea con l’Europa), mentre i Temporary Manager più giovani sono in Austria e Polonia, dove la media è di 49 anni. Hanno maturato un’esperienza di 6,5 anni come professionisti ad interim ricoprendo ruoli da Top manager C-level o superiore. I più “esperti” sono gli svizzeri (11,4 anni) e i manager UK (10,3).

La durata media di un incarico a tempo in Europa è di 11,4 mesi, mentre in Italia è di 14,4 mesi, anzi alcuni durano oltre 2 anni con la formula part-time. Analizzando i ruoli ricoperti, a livello europeo i primi cinque riguardano il board/direzione generale (32%),  le operation (9%) le risorse umane (9%),il finance (8%), e le vendite (6%). In Italia la richiesta è molto più alta nelle posizioni che riguardano il board/direzione generale (47%), nelle operation (16%) e nelle vendite (9%), anche se si è ben al di sotto della media europea nelle risorse umane (solo il 3%).

Tra le criticità che i manager italiani hanno dovuto affrontare nei loro ultimi incarichi si evidenzia al primo posto la Gestione del cambiamento, indicata dal 15% degli intervistati, una tematica che però coinvolge i manager di quasi tutti i Paesi europei. Seguono lo sviluppo del business (9%) e l’ottimizzazione dei processi (8%). Per dare un’ulteriore panoramica sul mercato nel 2020, è stato chiesto di riportare i dettagli del loro ultimo incarico. L’industria privata ha rappresentato ben il 90% degli incarichi temporanei in Europa, mentre in Italia il settore pubblico e non profit rappresenta solo il 2% (ultimo tra tutti i paesi). Tra i settori principali di attività, il Bel Paese si distingue nettamente per la percentuale più alta nella Metalmeccanica (35%), contro una media europea dell’11%.

Sul fronte delle dimensioni aziendali, in Italia ben il 60% dei Temporary Manager ha lavorato presso aziende con meno di 100 dipendenti, contro una media europea del 31%; solo la Spagna ci supera con il 64%; questo dipende principalmente dal tessuto economico italiano e spagnolo composto prevalentemente da piccole-medie imprese.

Tradizionalmente i Temporary Manager italiani per proporsi sul mercato si sono affidati a due principali canali: il network personale, indicato dal 41% del campione, seguito dalle società specializzate nei servizi di temporary management (17%). Quale tariffa professionale gli sta riconoscendo il mercato? Considerando che non esiste un “Temporary Manager medio” e che quindi le diverse professionalità possono discostarsi da una indicazione media, la tariffa giornaliera media fatturata nell’ultimo incarico è di 674 euro al giorno (prezzo netto, escluse le spese e l’Iva), l’Italia è tra i Paesi con il costo più basso, con un valore nettamente inferiore alla Svizzera (1.385 euro) e alla Germania (1.198 euro).

 

ETM

 

Cosa non è il TM e con cosa non va confuso

Nei paesi come l’Italia ove questo strumento è ancora in fase di sviluppo, è facile imbattersi in alcuni luoghi comuni che rischiano di creare confusione sia nei potenziali utilizzatori sia nei manager che si avvicinano a questa professione. Vediamo i più frequenti.

Non è consulenza

Il Temporary Manager gestisce ed esegue, il consulente consiglia: questa in sintesi la distinzione.

La confusione nasce per una serie di motivi:

molti consulenti tendono ad affermare di “operare nella pratica come dei temporary manager” perché l’azienda cliente, specie se di natura imprenditoriale, segue le loro indicazioni, magari facendosi anche accompagnare nella fase realizzativa. L’elemento differenziante sono le deleghe operative di cui il manager dispone per gestire il progetto e raggiungere gli obiettivi definiti, e che normalmente un consulente non ha

è vero che in alcuni casi il Temporary Manager opera con un rapporto di collaborazione professionale e quindi con la veste formale di consulente; non va però confuso l’aspetto contrattuale con l’aspetto sostanziale dei contenuti dell’incarico e delle competenze richieste al manager, ovvero poteri/deleghe e capacità di esecuzione

il TM non è alternativo alla consulenza, è semplicemente una professione diversa, che richiede a sua volta attitudini, motivazioni e competenze diverse da quelle normalmente identificabili in un consulente

esiste infine un sottile legame tra TM e consulenza: spesso, un intervento di TM segue un intervento di consulenza, svolto da altri, nel quale sono state identificate e definite una serie di azioni da intraprendere per raggiungere un dato obiettivo: il temporary manager diviene colui che implementa quanto suggerito dal consulente, il quale a sua volta può affiancare il Temporary Manager. In alcuni casi, l’intervento stesso di TM viene preceduto da un intervento di tipo consulenziale da parte della società di TM, finalizzato ad identificare le leve critiche su cui l’intervento stesso dovrebbe operare.

Non è lavoro interinale

Al di là di possibili analogie di natura giuridica, il lavoro interinale opera su figure professionali generalmente di profilo più basso, e quindi con logiche totalmente differenti: non è infatti casuale che a tutt’oggi i maggiori operatori nel settore del TM provengano dalla consulenza e/o dalla ricerca di manager di alto livello.

E’ una professione full time, non un riempitivo tra due lavori

Molti manager in situazione lavorativa precaria si avvicinano al TM con questa idea; il TM però rappresenta la soluzione umana ad un problema di business e non la soluzione di business ad un problema umano.

Il vero Temporary Manager è colui che opera come un vero imprenditore di sè stesso, attento e capace a gestire alcune leve basilari di successo, quali il marketing di se’ stesso, lo sviluppo attento di una propria rete di relazioni, l’autoformazione costante.

In concreto: in una fase di mercato ancora nascente, è possibile che il TM, insieme a risolvere il problema di business, risolva anche un problema umano, ma se il manager non mette in atto i cambiamenti richiesti, rischierà di essere emarginato sia dal mercato della dirigenza tradizionale, che da quello emergente del TM.

Non è mestiere da “manager alla ricerca di un lavoro”

Il TM è una professione dai contenuti particolarmente elevati e richiede manager dotati di elevate qualità professionali e personali.

Se essere licenziati è oggi un fatto “più normale” che in passato, che può capitare spesso per motivi totalmente slegati dalla qualità del proprio lavoro (fusioni, acquisizioni, rottura con l’imprenditore, … ), ciò che crea la differenza e le premesse per una rinascita professionale è il modo in cui un fatto comunque traumatico viene vissuto e metabolizzato.

E’ ad esempio la ricerca di nuove sfide intellettuali che spinge manager che hanno già operato come Direttori Generali a confrontarsi con incarichi di tipo specialistico/funzionale, senza alcun problema di demotivazione o di accettazione dell’incarico come extrema ratio: si tratta di manager che vendono know how, che sono ben pagati per questo (a livello di Direzione Generale nel caso considerato), e a cui non interessa più una carriera di tipo tradizionale, cha hanno già svolto con successo e a cui hanno poco altro da chiedere.

Non è mestiere solo per manager in fine di carriera

Dalle esperienze europee emerge come sia in atto un movimento di progressiva diminuzione dell’età di coloro che valutano seriamente il TM come una possibile opzione professionale: il fenomeno è rilevabile in Francia, come in Germania, come in Inghilterra.

Per quanto riguarda l’Italia, si possono solamente fornire alcune piccole evidenze:

già oggi molti giovani manager di successo, nella fascia d’età 30-35 anni, mostrano reale interesse per questo tipo di professione.

Su progetti di un certo respiro temporale (2-3 anni) operano già manager di circa 40 anni, ovviamente a fronte di progetti stimolanti dal punto di vista dei contenuti e sostenuti da un adeguato pacchetto economico.

Non è professione per tutti i manager!

Essere stato un manager di successo è condizione necessaria, ma non sufficiente per diventare un buon temporary. E’ un problema di competenze specifiche, ma anche di caratteristiche psicologiche e personali, non ultima la capacità di gestione dello stress.

Non solo: nel caso di interventi di TM assume particolare rilevanza il profilo etico del manager, in quanto, dati i tempi spesso brevi dell’intervento, la delicatezza delle aree da toccare e il livello di sensibilità delle informazioni con cui un Temporary Manager può venire a contatto, assai gravi possono essere i danni provocati da manager che perseguano propri obiettivi personali.

 

Fonti:

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